Dietro al razzismo c’e’ la crisi del modello europeo
Con l’ingresso dell’ultradestra nel parlamento svedese cade un altro tabu’. Nella patria della socialdemocrazia di Olof Palme e del multiculturalismo, i Democratici Svedesi, xenofobi e nazistoidi, guidati dal trentenne Jimmie Åkesson, bloccano il sistema politico nazionale, impedendo all’esecutivo conservatore di governare. Era chiaro che il fortino svedese sarebbe caduto; in fin dei conti, il Partito nazionale danese di Pia Kjaersgaard è da dieci anni al centro della scena scandinava. L’ultradestra siede, d’altronde, in molti parlamenti nazionali; ma sono i successi in Svezia e Olanda, Paesi dalla fortissima tradizione liberale e socialdemocratica, a scuotere maggiormente l’opinione pubblica europea. Il sogno europeista di aver sradicato il fascismo, in fondo, si era già infranto ai tempi di Haider, del ballottaggio Chirac-Le Pen e della vittoria dei fratelli Kaczynski, antisemiti e negazionisti, in Polonia. L’ultimo brivido, oramai, lo potrebbe dare solo l’ingresso di un partito neonazista nel Bundestag, cosa neanche improbabile a fronte dello Zeitgeist che si respira in Europa. La caduta dell’Olanda e della Svezia, però, significa anche altro. E’ la sconfitta del multiculturalismo, espressione di quella weberiana etica protestante del capitalismo che connota i Paesi del Nord-Europa, invocato come modello d’accoglienza contro l’integrazionismo francese, il comunitarismo inglese, e il melting pot americano. […]