Chi c’è dietro il disastro rifiuti a Napoli
“Napoli avrà finalmente un servizio competitivo e moderno che cambierà le abitudini dei cittadini”, proclamò l’assessore Ferdinando Balzamo, l’11 marzo 2000, con quella solennità che si addice al taglio dei nastri. Nasceva Asìa e Napoli si dotava di una municipalizzata per i rifiuti; o, meglio, di un’azienda d’igiene urbana che avrebbe gestito il comparto con “l’efficienza del privato”. Così si profetizzava, infatti, all’epoca della programmazione negoziata, allorquando sarebbe bastato trasformare gli enti pubblici in Spa per risolvere i problemi delle disastrate burocrazie italiane. Peccato che già allo stappo degli spumanti, in agenda ci fosse il tema del passaggio all’Asìa dei dipendenti del Comune, delle aziende private – quasi si fosse trattato della nazionalizzazione delle assicurazioni di Giolitti – e degli Lsu; a riprova che, per lo Stato, in Campania, anche nelle società, viene sempre prima la logica dell’ammortizzatore sociale. Giusto o sbagliato che sia, non è un giudizio di valore ma una constatazione. Mentre per l’affaire monnezza, governo ed enti territoriali si rimbalzano le responsabilità, però, vale la pena verificare se questo “servizio competitivo e moderno” abbia adempiuto alle magnifiche sorti e progressive consustanziali al magico acronimo “Spa”. In particolare, Asìa subappalta ai privati il servizio rifiuti in due terzi della […]