#Telecom e i capitani (poco) coraggiosi
Telefonica andrà dunque a rilevare nel tempo la maggioranza del capitale di Telecom Italia, cominciando con l’incrementare la quota del 46% che già detiene nella holding Telco, azionista di riferimento col 22,4% dell’azienda italiana. Un’operazione paradigmatica dei mali endemici del nostro capitalismo che, povero di capitali ma ricco di benemerenze e collusioni politiche, si impegna in operazioni puramente finanziarie, ma prive di reale valenza imprenditoriale. Operazioni che stanno portando ad un lento depauperamento del tessuto industriale del Paese. Facciamo un passo indietro nel tempo: nel 1997 Prodi decide di privatizzare l’allora monopolio pubblico dei telefoni chiamando alla guida della società quel Franco Bernabè che ne è tuttora Amministratore delegato. Ben presto, un gruppo di finanzieri, Roberto Colaninno, Emilio Gnutti, Giovanni Consorte – alcuni dei quali in seguito noti soprattutto per le proprie disavventure giudiziarie -, attraverso una “scatola vuota” di diritto lussemburghese – la Bell – compra il 23% di Telecom con un esborso di circa 5 miliardi. L’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema li elogia definendoli “capitani coraggiosi”; Bernabè, che vuole sventare l’operazione attraverso un merger con Deutsche Telecom, è costretto alle dimissioni. Nel 2001 Colaninno & Co. rivendono la quota a Marco Tronchetti Provera, che utilizza anch’egli una […]