La road map europea per l’efficienza idrica – Luci e ombre.
Il tema della water efficiency, che potremmo tradurre con efficienza della gestione delle acque, deve diventare centrale nell’agenda politica ambientale dell’Unione Europea. E’ la proposta lanciata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente in occasione della presentazione della “Cooperazione Europea sull’Acqua” (indicata con l’acronimo inglese EWP), il 29 settembre scorso.
Nel prossimo futuro, quindi, i principali attori istituzionali di Eurolandia si muoveranno nella direzione della water efficiency per diffondere un nuovo e comune approccio alla gestione delle risorse idriche negli Stati membri. E’ una vera e propria road moap, quella disegnata dalla professoressa Jacqueline McGlade, direttrice dell’Agenzia Europea, e che si muove sul solco della direttiva quadro sull’acqua (Water Framework Directive, WFD), approvata dal Parlamento di Bruxelles nel lontano 2000 e che, ora, l’esecutivo, cioè la Commissione, dovrà tradurre in realtà.
Nell’ambito della lotta al cambiamento climatico e alla riduzione dei gas serra, il problema dell’acqua, infatti, gioca un ruolo principale.
Proprio le trasformazioni climatiche imputabili all’inquinamento hanno prodotto due ordini di fenomeni.
Da un lato, c’è la tropicalizzazione del clima, che porta un eccesso di acqua sotto forma di piogge torrenziali, con i danni che abbiamo potuto recentemente constatare in provincia di Messina. Dall’altro, l’acqua è diventata un bene scarso che deve essere gestito con oculatezza in tutte le sue applicazioni.
Ma qual è la ratio della WFD e cosa si cela dietro alla water efficiency?
Le linee guide europee rappresentano una rivoluzione copernicana per le autorità marittime e le autorità di bacino; basti pensare che, in Italia, solo una minima parte delle Autorità di bacino ha approvato i Piani di bacino, strumenti indispensabili alla gestione del territorio. La WFD punta – con l’approccio comunitario, il solo in grado di incidere sull’ambiente, visto che l’inquinamento e le acque si muovono da un posto all’altro – a ripulire mare e fiumi, a mappare falde acquifere, i canali, il rischio idrogeologico.
Nuovi Sistemi Informativi Territoriali, mappe elettroniche, e il più grande database sulle acque esistente, promosso dall’Unione, il WISE (Water Information System of Europe), si riveleranno fondamentali. Anche in questo caso, l’Unione “spingerà” i Paesi ad assumere atteggiamenti virtuosi e rigorosi.
Un recente caso, la settimana scorsa, allorquando la Commissione si è dichiarata pronta ad aprire una procedura di infrazione verso il Regno Unito e ha severamente ammonito la Spagna, in entrambi i casi, per non aver rispettato la direttiva sul trattamento delle acque reflue, ne è la riprova.
Ma per la water efficiency non solo luci ma anche ombre.
La direttiva, secondo l’approccio economico liberale, ritiene, infatti, che il miglior incentivo a ridurre gli sprechi è portare il costo “politico” dell’acqua a quello reale, uguale ai costi del servizio; un passaggio che, fra l’altro, potrebbe legittimare il passaggio dell’acqua in mano ai privati, anche se la direttiva non ne fa espressa menzione. Mentre la nascita di vari movimenti, in tutta Europa ed in Italia, per “l’acqua pubblica” testimonia come ci sia ampio consenso su come l’acqua debba rimanere un bene di tutti.
La WFD ritiene, comunque, che il costo dell’acqua debba essere quello effettivo, non solo per industrie od agricoltori, cioè per chi effettivamente lucra utilizzando un input a prezzi non di mercato, ma anche per le singole famiglie. E’ ovvio che la WFD comporterà un aumento del costo dell’acqua, in Europa, per tutti, nel prossimo futuro.
Proprio gli economisti insistono, a difesa della direttiva, che con le tariffe si punta ad incentivare comportamenti virtuosi, volti a diminuire il consumo dell’acqua, e non si perseguono fini redistributivi, che spettano, invece, ad altri strumenti pubblici. Ma se congiuntamente all’aumento dell’acqua, lo Stato non realizza misure perequative, quali saranno i costi sociali di questa water efficiency?