La sinistra tafazziana che si divide è un leit motif della storia italiana. Dividersi per perdere.
Dividi et impera, dicevano i romani: ma per dividersi, a sinistra, non serve un Machiavelli liberale che faccia implodere il fronte riformista e socialista. La sinistra basta a se stessa. Per autodistruggersi, of course.
Dalla storica scissione di palazzo Barberini fra Psi e Psdi, alle baruffe dell’Ulivo, le sorti di de Magistris a Napoli sono l’ultimo caso da manuale.
Creare un fronte unico fra Pd, Sel e arancioni (che poi non esistono: de Magistris è forte di un consenso personale e indipendente) o continuare ognuno per la propria strada?
Innanzitutto, non sono destituite di fondamento le riflessioni circa la natura massimalista dell’ex magistrato che mal si concilierebbe con la nuova cultura New Labour del partito renziano.
Eppure, Renzi persegue – seguendo la strada di Bersani con l’alleanza Italia Bene Comune – una sorta di federazione con Nichi Vendola, che non possiamo sicuramente definire un conservatore alla destra di de Magistris.
Eppure, Renzi sembrerebbe orientato a dare il via libera ad una strana operazione che Chiamparino sta mettendo su in Piemonte per preparare la sua candidatura a governatore: una lista civica, con pezzi di Nuovo Centro Destra locale e Comunione e Liberazione. Non proprio un bel viatico per #cambiareverso.
Ma non grido allo scandalo perché la politica è aritmetica elettorale, non solo grandi sistemi o querelle sui giornali e sui social media.
Dunque, Vendola e Comunione e liberazione sì e de Magistris no? I conti non tornano.
Proviamo a fare un po’ di aritmetica elettorale, a questo punto.
Ieri, leggevo l’ultimo sondaggio Ipr Mkt come un grande successo per il sindaco con la bandana: capace, ancora, di vincere da solo, se si andasse di nuovo al voto.
Sono ottimista? Forse.
Mancano nomi validi per verificare l’albero delle preferenze dell’elettore? Probabile.
Ma l’esperienza mi porta a ritenere che né il centro-destra né il Pd saranno capaci, stretti fra i veti incrociati delle correnti, di trovare un nome tanto seducente da rovesciare il gradimento registrato su de Magistris dal Sole 24 Ore.
Comunque, anche qualora l’ex magistrato non fosse più in grado di “scassare” da solo e di vincere – come sostenevo nel post di ieri -, il sindaco con la bandana dà le carte:
De Magistris, infatti, forse non è in grado di vincere ancora da solo le prossime elezioni. Ma è sicuramente capace, da solo, di far perdere ancora il Pd: a Napoli, alla Regionali e alle Europee.
Una candidatura di un uomo di de Magistris contro il sistema non sottrarrebbe voti preziosi, secondo voi?
Fare il tifo contro il sindaco arancione, allora, non è politica, ma un puntiglio da “fan”. Un capriccio che può avere conseguenze disastrose sul piano politico; proprio per il Pd. Beniteso, se si è simpatizzanti del centro sinistra, perché se si vuole far vincere la destra, dividere la sinistra è una brillante idea.
Al che, infine, qualcuno potrebbe ribattere che il Pd può e deve pretendere un‘exit strategy per de Magistris, perché è in condizioni di oggettiva superiorità sull’ex magistrato. Il Pd potrebbe perdere le elezioni, ma de Magistris il lavoro: finendo a fare il consigliere comunale.
De Magistris, dunque, rischia di più, e si piegherà ad un Pd che, per il momento, non perde occasione di attaccarlo sui giornali. Sicuri?
Questi soloni credono che de Magistris debba, fondamentalmente, solo trattare una resa con il Pd. Questi soloni dimostrano di non aver capito lo scenario politico, che ci rivela che il sindaco è ancora discretamente forte; ma non hanno capito neanche il carattere dell’ex magistrato, che non tratta con chi cerca di metterlo alle corde: senza avere neppure la forza del KO, fra l’altro.
Io chiedo, dunque, ai sostenitori di un’exit strategy per de Magistris: voi veramente credete che un uomo che non si è piegato agli attacchi che riceveva quando portava la toga, che si è dimesso dalla magistratura quando mancavano pochi mesi alla pensione, per paura di rimanere (forse) senza una poltrona, sia disponibile a chiudere un‘exit strategy col Pd, per far vincere ai Dem le elezioni?
De Magistris non ragiona così. Io, personalmente (e il mio ruolo con de Magistris qui non c’entra) auspico un accordo politico fra arancioni e de Magistris. Un accordo alto e paritetico. Non un’exit strategy pensata come se de Magistris fosse alle corde: perché la realtà non è questa.
E chi lo pensa, nel Pd, è ancora incapace di leggere la politica e sta costruendo un’altra sconfitta tafazziana per tutto il centro-sinistra. Se non si chiude un accordo, o se si cerca di chiudere un’exit strategy, in entrambi i casi, il Pd perde. Vince sempre il banco. Avete capito il banco chi è?