Il passaggio alla tv digitale sta portando, in Europa, un nuovo problema ambientale. Troppe, vecchie televisioni a tubo catodico da smaltire. I governi dovranno gestire queste trasformazioni riducendo i costi ambientali. E il nuovo passaggio, in Italia, sarà fondamentale per verificare se riusciamo a fare bene, imparando dalle esperienze altrui.
E’ quanto emerge dalla lettura incrociata dei dati Ue e di un rapporto inglese appena pubblicato, stilato dal Consiglio della contea inglese del Cumbria. Gli uffici statistici di contea hanno, infatti, analizzato lo “swich off” (cioè il passaggio dalla tv analogica a quella digitale) nella regione e nelle aree metropolitane di Liverpool e Manchester; i dati sono preoccupanti dal punto di vista ambientale e rivelano che si è seguita una strategia antieconomica.
C’è stato, infatti, un aumento delle tv analogiche da riciclare del 70%. 30.000 delle 50.000 televisione buttate dalle famiglie inglesi, inoltre, si sarebbero potute agevolmente convertire al digitale con una semplice spesa di 30 euro.
Le proposte delle emittenti televisive e dei produttori di suggerire l’acquisto di nuove televisioni sono state, quindi, scorrette, antieconomiche ed ecologicamente ostili. Non si è, infatti, adeguatamente fatto comprendere alle famiglie che l’acquisto di una nuova tv era da intendersi come extrema ratio.
E forse, in Italia, è già stato commesso lo stesso errore. Sul sito del Ministero “decoder.comunicazioni.it”, ad esempio, al paragrafo “Di cosa ho bisogno per vedere la televisione digitale?” c’è scritto: «Nel caso di televisione digitale terrestre di un televisore con sintonizzatore digitale terrestre integrato oppure di un’apparecchiatura di adattamento al tuo televisore in tecnica analogica detta Decoder o Set Top Box, da collegare alla presa d’antenna e al televisore mediante il cavo SCART». Quindi, nonostante il sito sia dedicato al decoder, in un italiano un po’ burocratico e non scorrevole – il verbo è sottinteso ed espresso solo nel titolo del paragrafo, 4 righi senza un punto -, il Ministero, prima ci suggerisce l’acquisto di una nuova tv, poi, solo più in là, ci parla del decoder. Ricordandoci, dopo ben 3 paragrafi, che non è necessario cambiare televisione.
Il sito Rai sembra suggerire ancora più convintamente la necessità di buttare la vecchia tv: «Per poter vedere le trasmissioni in digitale terrestre, nel caso in cui non si voglia acquistare un nuovo apparecchio televisivo già predisposto alla ricezione del digitale terrestre, sarà sufficiente dotarsi di un decoder digitale». E’ quindi il caso del nuovo acquisto a venire prima, sia logicamente che sintatticamente.
Ma se aumentano le vecchie tv da riciclare, saremo pronti, anche in Italia, a questa situazione?
Secondo Eurostat, siamo fra i Paesi Ue che riciclano di meno le apparecchiature elettroniche e, purtroppo, non forniamo neanche i dati puntuali su televisioni ed altri apparecchi, nonostante una direttiva Ue ce lo richieda espressamente.
Ricicliamo 1,6 kg/abitante l’anno di rifiuto elettronico, contro un obiettivo ottimale di 4 kg. Inoltre, l’ultimo decreto 208/2008, ha pure rinviato l’entrata in vigore del regime del “new waste”, per il quale ogni produttore di apparecchi elettronici è tenuto a partecipare ai costi della raccolta.
L’impennata delle vendite delle tv digitali, inoltre, non sembra il modo migliore di sostenere l’economia in un momento di crisi. Con i consumatori che ci rimettano e i produttori che ci guadagnano.
C’è, d’altronde, la sensazione che questo swich off potrebbe risolversi in un’altra beffa per le nostre tasche. La denuncia viene da Altroconsumo che, il 2 novembre, ha portato la Rai in giudizio per bloccare la pratica degli oscuramenti. Secondo l’associazione, la Rai sta seguendo una politica che porta ad incentivare addirittura l’acquisto di due decoder, per far coesistere digitale terrestre e digitale satellitare.