Piccola crisi diplomatica con gli USA, scontenti che i russi facciano affari in Africa grazie ad Eni
Eni si è rivelata una delle migliori aziende con cui fare affari, per la russa Gazprom. Lo scorso gennaio, il Washington Times ha rivelato che le due aziende energetiche stanno per chiudere una joint venture in merito allo sfruttamento di giacimenti petroliferi in Libia.
Sono lontani i tempi in cui Gaetano Salvemini bollava il Paese africano, per gli interessi italiani, “una scatola di sabbia”.
Per adesso non ci sono state altre indiscrezioni. Quel che è certo è che, dopo 36 dalla rottura dei rapporti diplomatici a seguito dei fatti di Lockerbie, nel mentre Washington e Tripoli riallacciano le relazioni, la notizia è stata vissuta dalla diplomazia americana come una beffa. Gli interessi strategici americani inducono gli esperti a ritenere Gazprom una testa di ponte per la Russia in Libia. Il fatto che sia Eni a segnare l’ingresso dell’azienda russa in Africa del nord è ancora più preoccupante.
Eni, e l’Italia, sono dei partner strategici per Tripoli. Il Leone a sei zampe è il primo operatore estero del Paese, con 550.000 barili al giorno. Il WT ha descritto gli umori della diplomazia americana e ha parlato di “unfriendly maneuvering” da parte di un alleato storico. Troppo severi, dato che Eni è un’azienda e non un ministero: ma non ingenui, visto che gli accordi commerciali fra Italia e Libia – inclusa la recente liquidazione dei danni coloniali – sono volti a spianare la strada agli investitori strategici, dei quali Eni fa sicuramente parte. Allo stato attuale, infatti, il Libyan Energy Fund intende comprare il 10% di Eni, la qual cosa lo farebbe diventare il secondo maggiore azionista dopo lo Stato italiano, che ha circa il 20%.
La Libia, inoltre, è anche entrata col 5% in Unicredit. Per gli americani, invece, tutto era iniziato nel migliore dei modi, dopo che Condoleezza Rice era riuscita a portare a casa un risarcimento di 1,5 miliardi dollari: per le vittime sia del volo Pan Am abbattuto dai libici a Lockerbie che di altri attentati riconducibili alla Libia.
L’accordo con Gazprom, inoltre, coinvolge proprio Elephant oil field, “la gallina dalle uova d’oro”: il super giacimento scoperto dagli italiani, capace di sfornare 150.000 barili al giorno.
D’altro canto, le partnership Eni – Gazprom non sono una novità.
Eni, in modo particolare, è impegnata in due progetti di gasdotti che portano gas dall’Algeria e dalla Libia direttamente in Val Padana, passando dalla Sicilia. Transmed e Greenstream. Due progetti dove i russi non ci sono ancora.
E nei quali, c’è da giurarci, sicuramente sarebbero contenti di entrare.