Giuliano Amato, “il notabile a disposizione”, come l’ha sagacemente definito Galli della Loggia. Ma anche giudice pro claris fama. In questo mio post sul mio blog su Lettera43, ne potete leggere delle belle.
In questa sede, vi sottopongo solo due altre considerazioni.
Era necessario fare giudice – qualcuno cioè che deve essere terzo e imparziale -, un protagonista della politica italiana dai tempi della I Repubblica?
In relazione alla vicenda che è trapelata in questi giorni, relativa a delle vecchie intercettazioni che lambirono il dottor Sottile all’epoca di Tangentopoli, in cui Amato avrebbe chiesto a chi veniva ascoltato dalla magistratura di non fare nomi, alcuni giornalisti hanno tentato di intervistare, molto pudicamente in verità, Epifani ed Anna Finocchiaro: ” non conosco la vicenda”, “non ho ancora letto i giornali”, “ero fuori Roma” .
Sembrano i ragazzi irresistibili, solo che Jack Lemmon e Walter Matthau, almeno, facevano ridere. D’Alema, dal canto suo, ha detto, nel corso di “Otto e mezzo”, che queste denunce potevano essere fatte prima e che, con la competenza e la reputazione internazionale di Amato, il tema non si pone.
La competenza e la reputazione, dunque, fanno premio sul rigore morale e la correttezza: la Consulta è servita.
Amato giudice pro claris fama.