Rinnovabili, risparmio energetico, tecnologie verdi, sviluppo del lavoro legato alle nuove energie.
La nuova “strategia europea per crescita e lavori sostenibili”, chiamata Europa 2020, è stata presentata ieri a Bruxelles dalla Commissione Europea, presieduta da Barroso.
Si tratta della nuova “Agenda di Lisbona”, il grande piano, lanciato nel 2000, che avrebbe dovuto trasformare l’Unione Europea, entro il 2010, nella prima tecnologia al mondo basata sulla conoscenza: un obiettivo, in parte, fallito.
Andrà meglio questa volta? La nuova strategia, questa volta, punta tutto sul “verde”. Il cuore del progetto è l’obiettivo “20-20-20”. Ciò significa che, entro il 2020, bisognerà ottenere una riduzione dei gas serra, rispetto ai livelli del 1990, del 20%; il 20% dei consumi energetici della Ue proverrà da energie rinnovabili e si dovrà raggiungere un 20% di risparmio energetico. Europa 2020 è articolata su tre priorità – crescita intelligente, sostenibile e inclusiva -, e altri quattro obiettivi, oltre al 20-20-20. Il primo punto prevede di portare al 75% l’occupazione, dall’attuale 69%. Il 3% del Pil dovrà essere investito in ricerca e sviluppo, contro l’attuale 1,9. Il tasso di abbandono scolastico dovrà essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani dovrà essere laureato (oggi, i laureati in Europa sono il 30%). Ci dovranno essere, infine, 20 milioni di persone in meno a rischio di povertà.
Altre novità, inoltre, riguardano l’approccio tematico, attraverso “le iniziative faro”, ed un nuovo sistema di governance fra Commissione e Stati membri. Il meccanismo approvato dalla Commissione è quello della “Sorveglianza nazionale”.
In pratica, si tratta di implementare Europa 2020 in contemporanea al Patto di stabilità e crescita, soprattutto sul versante della valutazione dei programmi. Gli obiettivi qualitativi e sociali di Europa 2020 sono, quindi, ancorati agli obiettivi fiscali di stabilizzazione macroeconomica del Patto che ha un valore legale vincolante.
Secondo alcuni osservatori, inclusa la cancelliera tedesca Merkel, si tratta di mettere la politica sotto scacco dell’economia, con il rischio che molti obiettivi sociali possano essere cassati in caso comportino un elemento destabilizzante dal punto di vista fiscale. Il paventato rischio di appiattimento dell’Europa sociale sulla dimensione economica potrebbe essere, in parte, lenito dall’altra novità proposta dalla Commissione, che prevede un controllo più stretto sulla gestione e valutazione dei programmi fatta dagli Stati membri.
Si dovrebbe, in pratica, invertire la piramide decisionale e la Commissione, invece di essere l’ultimo ente nelle filiera decisionale, dovrebbe diventare il primo, riducendo il rischio di una cattiva spesa periferica, ad esempio, in Italia, da parte delle Regioni. I dubbi circa la concreta applicabilità della proposta Barroso dovrebbero essere sciolti in occasione del prossimo incontro europeo del 26 marzo.