Di fronte al caso Ruby, riecheggiano le parole amare e sferzanti di Veronica Lario che ammonì come il marito fosse malato. Forse Berlusconi è malato. Ma sicuramente non è pazzo.
Gli scandali pseudosessuali che copiosi affollano i nostri giornali, infatti, sono funzionali a mettere il silenziatore ai grandi temi politici che il premier solleva. Come per incanto, non si parla più di lodi o di Mafia, mentre il dibattito politico si colonizza dei lustrini e del silicone che tracima delle trasmissioni televisive delle tv Mediaset.
Berlusconi, infatti, ha diffuso nella nostra società, che un tempo si scandalizzava per le ginocchia delle gemelle Kessler, una rappresentazione criptopornografica della realtà che ha traslato il desiderio sessuale sul piano dei consumi.
La bulimica rappresentazione del sesso diffusa dai media coincide, in realtà, con una pratica anoressica, indirizzando il desiderio, morbosamente famelico, verso il consumo di beni materiali. Berlusconi ha sostituito alla rappresentanza politica questa rappresentazione impolitica, declinando le libertà civili come semplici libertà mercantili; anzi, il Cavaliere ha, in pratica, sigillato un patto con i cittadini, regrediti allo status di consumatori, promettendo loro un aumento dei consumi dei beni materiali, sacralizzati dalle tv, in cambio di beni immateriali come libertà, partecipazione e democrazia: un grande baratto fra beni tangibili e intangibili. Ecco, allora, che, nei suoi scandali, Berlusconi non si dimostra pazzo.
Nell’immaginario collettivo, la sua faccia si associa ai Corona e alle veline popolarizzate dalla tv, non certo ai volti seri e noiosi di un Cavour o di Adenauer.
La politica berlusconiana, quindi, rimanda sempre e ossessivamente alla dimensione consumistica della televisione, a cui il nostro premier deve la fortuna; rafforzando contemporaneamente sia il suo modello politico sia quello imprenditoriale e, in ultima istanza, antropologico.
Anche la scelta delle “vergini da sacrificare al dragone”, per dirla con Veronica Lario, risponde a una strategia. Berlusconi, infatti, non frequenta le donne appartenenti al suo milieu sociale, ma un vasto lumpenproletariat, un sottoproletariato, che, se da un lato esemplifica il desiderio di dominio anche sociale del premier, dall’altro rafforza l’identificazione con l’uomo comune. Certo, è lecito disquisire in termini patologici di un premier ricchissimo che, al governo con la razzista Lega, frequenta povere piccole fiammiferaie, magari extracomunitarie e provenienti dai posti più degradati dell’hinterland napoletano.
Ma le Noemi e le Ruby sono innanzitutto le figlie di una povera italietta nella quale l’elettore del Pdl si identifica. Di sicuro, Berlusconi non ama le donne, come dice per difendersi. E’ l’epitome del misogino, dell’uomo che odia le donne: incapace di rapportarsi con il deuxième sexe in una posizione paritetica, simile a sé, non dico per età o denaro, ma per, almeno, condizione sociale e culturale. Ma, è chiaro, il malato non è anche pazzo. Ora che la Chiesa gli si è riavvicinata, dopo il primo clamore del Noemi gate, ora che gli si perdonano anche le bestemmie, purché proferite in un “contesto”, ecco!, ora siamo in un contesto dove tutti questi scandali non lo potranno più scalfire.
Un clima da basso impero. Quando sono le madri che portano le figlie ai casting, i comportamenti di Berlusconi non sono più scandalo ma propaganda.
(pubblicato su Terra)