Bruxelles vuole sottrarre Minsk all’influenza russa, ma il presidente Lukashenka sembra preferire le lusinghe di Mosca
La UE apre alla Bielorussia. Nonostante tutto. La settimana scorsa, i ministri degli Esteri dell’Unione si sono incontrati a Bruxelles, per decidere di diminuire le sanzioni che insistono sulla Russia bianca, a causa delle violazioni dei diritti umani perpetrati in quel Paese.
In particolare, in agenda, c’è stata la discussione riguardo alla sospensione dei divieti di soggiorno comminati a circa 40 officiali bielorussi, scattata lo scorso ottobre per le accuse di brogli elettorali, alle ultime elezioni del 2006. Nei prossimi giorni la situazione verrà decisa.
Il commissario alle relazioni internazionali, Benita Ferrero-Waldner, ha, inoltre, dichiarato di aver valutato che la Bielorussia sta facendo notevoli passi in avanti sulla strada dei diritti umani.
Ma stanno veramente così le cose? Il 24 marzo, è uscito l’ultimo rapporto di Amnesty International sulla Bielorussia; che ci racconta un’altra verità.
Il Paese è l’ultima nazione in Europa a praticare, ancora, la pena di morte. Con circa 400 giustiziati, dall’anno dell’indipendenza (1991), su una popolazione di circa 9 milioni, e palesi e continue violazioni delle libertà fondamentali, la Russia bianca non sembra progredire significativamente sulla strada della democrazia.
Il 25 marzo, la polizia bielorussa ha malamente arrestato alcuni attivisti-nostalgici che manifestavano in ricordo della nascita della Repubblica Popolare Sovietica del 1918. Ma, per quanto effimeri siano i miglioramenti nel Paese – bollato dagli USA come “Stato canaglia” – per l’UE, il problema è un altro.
Minsk è una pedina fondamentale per la Russia; e sottrarla a quella influenza, sarebbe fondamentale. Allo stato attuale, si tratta di capire se l’Unione riesca ad esercitare un reale potere di persuasione sul governo bielorusso.
Dopo l’apertura della Ferrero-Waldner, infatti, il presidente bielorusso Alyaksandr Lukashenka ha pensato di bene di cancellare la visita del Commissario europeo, per recarsi in Armenia: ritenuta, evidentemente, più importante dell’Unione.
Inoltre, Lukashenka si è anche dichiarato pronto ad offrire aiuti economici alle repubbliche separatiste di Abcazia ed Ossezia, emerse dopo il conflitto russo-georgiano.
Lukashenka si è guardato bene dal riconoscere le due repubbliche – riconosciute, per ora, solo da Russia e Nicaragua – perché una mossa del genere avrebbe tagliato completamente le relazioni di Minsk con l’UE. Eppure, l’offerta di Lukashenka suona come un riconoscimento de facto delle repubbliche separatiste. La sensazione è che il presidente bielorusso sia più interessato alla partnership con Mosca che non a quella con Bruxelles.
Secondo alcuni osservatori, sarebbero state le sanzioni UE a spingere Minsk su questa posizione. Fra gli obiettivi attuali di Bruxelles, c’è quello di rafforzarsi ad Est, con una serie di programmi che includano Ucraina, Moldova, Georgia, Armenia, Azerbaigian e la Bielorussia.