Brusco stop per la politica di vicinato vero Est dell’Unione Europea. L’Ucraina, infatti, con la quale era stato instaurato un dialogo già da qualche tempo, ha dichiarato che si ritira dai colloqui che si sarebbero svolti nei prossimi giorni a Vilnius in Lituania.
Per la UE è solo una mezza sconfitta, visto che mentre Kiev chiudeva le porte in faccia a Bruxelles, la più piccola ma strategica Moldova sottoscriveva l’accordo di associazione con l’Unione europea al vertice sul Partenariato orientale.
Per quel che riguarda i rapporti Kiev-Bruxelles, il primo ministro ucraino Mykola Azarov ha precisato che le trattative finalizzate ad una associazione con l’Unione sono cancellate dall’agenda corrente in quanto la Russia, forte dei crediti vantati per le forniture di carattere energetico, ha deciso di applicare una serie di sanzioni che stanno mettendo in seria difficoltà il Paese.
La verità è che in corso una vera a propria guerriglia economica che ostacola o impedisce con i pretesti più speciosi le esportazioni di Kiev verso Mosca.
Ciò nonostante, l’Ucraina è alle dipendenze della Russia. La tensione commerciale fra i due paesi ha determinato una contrazione dell’economia ed una emorragia delle riserve in valuta di Kiev che solo quest’anno sono scese di circa il 30%.
L’Ucraina ha cercato di negoziare prestiti con l’Europa ed il Fondo Monetario Internazionale ma, secondo un copione ben noto, le condizioni offerte sono state estremamente sfavorevoli: Kiev, come già la Grecia o il Portogallo, rischierebbe di ricevere solo quanto servirebbe poi a rimborsare i creditori, senza che si iniettino nel proprio sistema economico risorse fresche. Meglio dunque accettare quanto proposto da Mosca : sospendere sine die le trattative con Bruxelles, ottenere in contropartita la rimozione delle sanzioni, la concessione di finanziamenti a tassi agevolati e la dilazione dei debiti già contratti.
La situazione è ancora abbastanza fluida e la stampa internazionale riferisce di rabbiose proteste popolari, nella capitale e nelle altre città principali, di fronte a questo vero e proprio diktat. Allo stato, la sostanziale miopia politico economica dell’Europa ha fallito e l’Ucraina, ventidue anni dopo aver conseguito la propria indipendenza, invece di compiere un decisivo passo in direzione dell’Occidente deve arretrare verso la Russia.
Tuttavia, nonostante questo indubbio successo diplomatico, il presidente Putin non ha soverchi motivi per rallegrarsi. La congiuntura di quel grande Paese resta debole; nella prima metà del corrente anno la Russia è entrata tecnicamente in recessione e la crescita nella seconda metà del 2013 sarà molto modesta.
Lo sviluppo degli ultimi dieci anni, come anticipato da molti osservatori, è stato fondamentalmente dovuto solo al favorevole andamento dei prezzi del gas e del petrolio; se si prescinde da tali risorse, l’economia, in termini di diversificazione industriale, di realizzazione di infrastrutture, di investimenti, di produttività, ha segnato il passo; il saggio di inflazione al 6,3% è relativamente alto, il sistema bancario, in mano a pochi oligarchi, è in larga misura inefficiente, la possibilità di attirare capitali esteri è fortemente limitata dagli altissimi livelli di corruzione, dalla inesistenza di un autentico stato di diritto, con un potere giudiziario indipendente, dalla presenza di un sistema politico solo apparentemente democratico.
Last but not least, vanno poi rammentate le preoccupanti dinamiche demografiche : la Russia ha un tasso di natalità pari allo zero, un elevato tasso di mortalità, un significativo tasso di emigrazione, alimentato soprattutto da elementi giovani e altamente scolarizzati.
Il quadro complessivo è dunque tutt’altro che rassicurante; il Paese ha ancora bisogno di profondissime riforme in campo economico, politico e sociale se vuole sfruttare adeguatamente le grandi risorse naturali che possiede e che rappresentano le sue carte migliori.
Ed è in questo contesto che l’Unione, fra Mosca, Kiev e gli altri paesi dello scacchiere euro asiatico è chiamata a giocare pragmaticamente la propria partita, vincendo pigrizie mentali e ristrette visioni economicistiche di breve termine, nell’interesse della pace e della prosperità dell’intero Continente.