Nabucco, la chiave di volta del Kurdistan

Otto trilioni di metri cubi di gas naturale curdo alimentano le ambizioni dell’Unione Europea di rendersi indipendente dalla morsa russa.

Il grande gasdotto Nabucco, patrocinato dalla Ue, la cui utilità strategica è rompere il monopolio della Russia nelle forniture di gas ad Eurolandia, potrebbe risorgere. Il progetto comunitario, infatti, è stato dato più volte per spacciato a causa della concorrenza di South Stream, il gasdotto russo concorrente che, allo stato attuale, rappresentava un’alternativa più solida. Ma il nuovo valzer delle alleanze fra Transcaucasia e Medio Oriente potrebbe rilanciare il progetto targato Bruxelles.

“Possiamo fornire all’Europa 15 bilioni di metri cubi di gas per far funzionare Nabucco”. A parlare è il “ministro degli Esteri del Nord Iraq” Ashti Hawrami, rappresentante della provincia del nuovo Iraq sorto dalle ceneri dell’autocrazia di Saddam Hussein e che coincide esattamente con il Kurdistan iracheno. Il Nord Iraq, che ambisce anche all’indipendenza, tuttavia, è un grosso problema nello scacchiere mediorientale. Qualora diventasse uno Stato, avrebbe un fortissimo potere destabilizzante verso la Turchia, nei cui confini è inglobata l’altra metà della regione storica del Kurdistan.

Secondo le prudenti dichiarazioni dell’Onu, d’altronde, i curdi sono una “nazione senza Stato” e non possono invocare il principio dell’autodeterminazione dei popoli poiché esso è azionabile solo contro le potenze coloniali.

Ciononostante, tutto potrebbe cambiare se nascesse il Kurdistan Orientale. Una grande preoccupazione per la Turchia, unanimemente accusata di praticare una repressione lesiva dei diritti universali dell’uomo contro i curdi e i partiti indipendentisti come il Pkk di Ocalan.

Eppure, il futuro di Nabucco, che coincide con la definitiva affermazione della Turchia come potenza regionale ed influente dal punto di vista energetico, passa con l’accordo fra Istanbul e Nord Iraq. Hawrami, infatti, ha appena concluso la sua visita ad Istanbul dove il governo Erdogan si è dichiarato disponibile a costruire i gasdotti che dal Kurdistan iracheno pomperebbero gas verso Nabucco. Resta sul tavolo la questione del Pkk, dichiarato fuorilegge da Ankara che accusa il Nord Iraq di fornire una protezione agli attivisti indipendentisti curdi.

Nonostante il problema curdo, le trame tessute da Erdogan lanciano sempre di più Ankara nell’Olimpo degli attori-chiave. L’altro ieri, infatti, il ministro azero Natig Aliyev ha firmato con la controparte turca Taner Yildiz un accordo fra i due Paesi per il trasporto di 11 milioni di metri cubi di gas proveniente dall’Azerbaigian verso Nabucco. La mediazione è avvenuta alla presenza del presidente azero Ilham Aliyev ad Istanbul e ha riguardato lo sviluppo delle nuove pipeline Shah Deniz 1 e Shah Deniz 2, ubicate sulla sponda meridionale del mar Caspio. L’Iraq senza Saddam, quindi, si rivela un buon affare per l’Europa e per gli Usa, che puntano ad indebolire il monopolio energetico di Mosca. Di certo, il futuro della Ue passa per la Turchia; ma Ankara ha il vantaggio di poter negoziare sia con Bruxelles che con Mosca, perché anche South Stream passerà per l’Anatolia.

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