OECD, Italia sempre peggio per redditi e lavoro

Particolarmente grave si presenta la situazione dei mercati, dopo le buone liberalizzazioni promosse da Prodi

Il gap dei redditi fra gli Stati più virtuosi dell’Unione o dell’OECD (Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione) e l’Italia continua ad allargarsi.
Il recente Italy Country Note dell’OECD del 3 marzo 2009 Growing for Growth fa i conti al nostro Paese e dimostra che andiamo male: anche perché le riforme promosse dal governo Prodi sono state congelate. unemployment_line_nyc_depression

Per l’OECD, il gap si allarga soprattutto a fronte della bassa produttività, legata alla scarsa utilizzazione del lavoro, con particolare riferimento all’occupazione femminile e giovanile, e al mancato rilancio del Mezzogiorno d’Italia.

Fra le misure suggerite dall’OECD, non ce n’è nessuna che viene replicata dall’attuale governo.
Riguardo al Mezzogiorno, gli economisti del panel suggeriscono l’adozione di una serie di strumenti che concretamente favoriscano la convergenza del Meridione con il resto del Paese. Si fa, ad esempio, riferimento a politiche di fiscalità differenziata che coinvolgano attivamente le istituzioni in un processo di investimenti.
Si tratta di politiche come i Patti Territoriali, che – negli anni ’90 – furono proposti dagli economisti del Cnel, come Bonomi e De Rita -, e il cui successo ne decretò l’adozione anche da parte dell’Unione Europea. Un approccio concretamente all’opposto dell’attuale politica di disinvestimento nel Sud, come ha recentemente dimostrato Viesti nel suo Mezzogiorno a tradimento.

Altamente preoccupante – secondo Growing for Growth – è la situazione di rigidità dei mercati: nell’ambito delle professioni, dei servizi pubblici locali e delle infrastrutture. L’OECD, su questi punti, imputa una chiara responsabilità all’attuale governo; che ha bloccato le liberalizzazioni promosse da Prodi, come nel caso della deregolamentazione del mercato delle farmacie, degli avvocati, delle pompe di benzina e dei taxi.

Diverso è il caso, invece, dei limiti alle liberalizzazioni del settore dei servizi pubblici locali, che coinvolge tutti governi degli ultimi quindici anni. Particolarmente severa, inoltre, si presenta la critica della politica fiscale. L’OECD, infatti, lamenta un sistema di tasse alte e di eccessivo costo del lavoro – con particolare riferimento a quello meno qualificato – che rappresenta una doccia fredda per i governi di centrodestra che fanno della riduzione delle tasse uno dei punti irrinunciabili della propria politica.
Ugualmente sbagliato, secondo l’OECD, si presenta il sistema di fiscalità congiunta per famiglia: perché non spinge le donne nel mercato del lavoro, in un momento in cui è centrale, per la politica economica nazionale, aumentare l’occupazione femminile, che in Italia è nettamente più bassa rispetto alla media europea.

I dati OECD rivelano che il PIL pro capite è passato dallo 1,2 per cento del quinquennio 1997/2002 all’attuale 0,5 per cento. La produttività del lavoro è addirittura crollata dallo 0,7 allo 0,3. Il report fa anche riferimento al sistema di valutazione di scuole e università e ricerca e decreta come, in questi settori, manchi una vera e propria visione strategica d’insieme che permetta all’Italia di competere realmente nella società della conoscenza.

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